Dallo spazio fisico allo spazio relazionale
Nella riflessione contemporanea sulla rigenerazione urbana e sugli spazi di comunità, le Case del Quartiere di Torino si configurano come un modello peculiare e innovativo. Non semplici contenitori di attività, ma dispositivi abilitanti: luoghi plastici e multiformi che rendono possibile l’attivazione di processi partecipativi, la costruzione di relazioni di fiducia e l’innesco di pratiche di welfare culturale e sociale.
La dimensione fisica è in questo senso cruciale. La materialità degli spazi – accessibili, riconoscibili, radicati nei quartieri – crea le condizioni affinché le persone possano incontrarsi, auto-organizzarsi e collaborare. Lo spazio diventa così un “medium” che traduce in esperienza concreta principi come apertura, inclusione e prossimità.
Spazi multifunzionali e flessibili
Le Case del Quartiere nascono quasi sempre dal riuso adattivo di edifici dismessi – scuole, bagni pubblici, cascine – restituiti al territorio attraverso processi di rigenerazione.
La loro configurazione interna riflette una scelta politica e sociale: flessibilità e adattabilità come strumenti per accogliere bisogni mutevoli. Ne derivano hub polifunzionali capaci di ospitare funzioni diverse: dalla caffetteria al teatro, dai laboratori per bambini ai coworking, dagli sportelli sociali alle ciclofficine.
Questa pluralità non è casuale ma intenzionale: l’incontro di usi e pubblici eterogenei favorisce la contaminazione sociale e culturale, trasformando gli spazi in veri laboratori di convivenza urbana.
Accessibilità come leva di inclusione
Uno degli elementi distintivi è la scelta di garantire un’ampia accessibilità. Nel 2024 il 66% delle attività realizzate nelle Case del Quartiere era completamente gratuito, mentre la restante parte era a tariffe popolari o a offerta libera. Tale impostazione consente di intercettare anche fasce socialmente fragili o culturalmente distanti dai circuiti culturali tradizionali: famiglie a basso reddito, comunità migranti, persone senza dimora.
La disponibilità de-burocratizzata degli spazi gioca un ruolo fondamentale: la possibilità di organizzare un’iniziativa senza passaggi amministrativi complessi, di utilizzare una sala con pochi vincoli e costi ridotti. È in questo immediato accesso che si abbattono le barriere simboliche ed economiche che spesso escludono cittadini marginalizzati dalla vita pubblica.
Co-progettazione e protagonismo civico
Le Case del Quartiere non si limitano a ospitare attività: accompagnano cittadini, associazioni e gruppi informali nella progettazione e realizzazione delle iniziative. Nel 2024 oltre 1.000 partner (tra enti, associazioni e singoli cittadini) hanno contribuito alla programmazione, e quasi un quarto di essi era costituito da gruppi informali o privati cittadini.
La co-progettazione si traduce in pratiche quotidiane: supporto metodologico, assistenza amministrativa, facilitazione dei rapporti di rete. Questo dispositivo consente di trasformare i fruitori in co-produttori di valore sociale, con ricadute in termini di empowerment e responsabilizzazione.
Spazi pubblici ibridi: oltre la dicotomia pubblico/privato
Un altro elemento centrale è la definizione delle Case del Quartiere come spazi intermedi: non completamente pubblici, non totalmente privati. Si tratta di una “politica del quotidiano” che produce nuove forme di welfare urbano, fondate sulla prossimità, la cura condivisa e l’ibridazione di funzioni.
Questa ambivalenza consente di sperimentare modelli di governance partecipata, in cui la cittadinanza non è solo destinataria di servizi, ma soggetto attivo nella definizione delle politiche urbane. Le Case diventano così infrastrutture di prossimità capaci di rispondere sia a bisogni primari sia a desideri culturali, superando la dicotomia tra “servizi per l’agio” e “servizi per il disagio”.
Costruire fiducia e partnership
La disponibilità di spazi accessibili e non stigmatizzanti consente di stabilire relazioni di fiducia con soggetti spesso distanti dalle istituzioni: comunità immigrate, giovani in condizioni di marginalità, anziani soli. Questa fiducia è la base su cui si costruiscono partnership con enti pubblici e privati, capaci di moltiplicare le opportunità di sviluppo locale.
Nel 2024 il radicamento territoriale delle Case ha prodotto oltre mille collaborazioni, prevalentemente con realtà locali ma anche con reti nazionali ed europee. Lo spazio fisico si conferma quindi “ancora territoriale” attorno al quale si innestano alleanze che vanno oltre il quartiere, alimentando innovazione sociale e rigenerazione urbana.
Spazio pubblico come occasione di comunità
Le Case del Quartiere incarnano un’idea di spazio pubblico come bene comune: permeabile, ibrido, continuamente ridisegnato dalle pratiche sociali che lo attraversano. In questa visione, lo spazio non è la cornice neutra di eventi, ma l’occasione stessa per la creazione di relazioni sociali e per la costruzione di risposte collettive ai bisogni.
Il modello torinese si distingue da altre esperienze di rigenerazione urbana proprio per la centralità data al dispositivo spaziale: non tanto la trasformazione edilizia, quanto la capacità degli spazi di generare comunità e attivare cittadinanza.
Lo spazio fisico, quando è pensato come dispositivo abilitante e non come contenitore statico, diventa strumento potente di trasformazione sociale.
Le Case del Quartiere di Torino dimostrano come la prossimità spaziale possa tradursi in prossimità relazionale, producendo inclusione, fiducia e innovazione.
In un’epoca di crescente frammentazione urbana, questi luoghi rappresentano un’anomalia positiva: spazi pubblici aperti e flessibili, che fanno della quotidianità e dell’ibridazione le proprie risorse più preziose.
Torino, 17 novembre 2025